Il Gruppo ASCI fino al 1974
Dopo gli anni della rinascita si trattava di dare solidità alle unità delle tre branche affinché le parole pronunciate dal Capo al termine di ogni cerimonia di promessa “Ora fai parte della grande famiglia degli scout”, fossero vita e non suoni della voce. In quest’ottica va visto l’esperimento delle cheftaines in Branco: Clara Parenzan, Corinna Zernetti, Alessandra Gnot, Renata Vicentini. Esso non continuò perché la mentalità di quegli anni nella Chiesa ed al vertice dell’ASCI non era favorevole alla presenza di Capo donne in unità maschili. Leggendo ora i fatti, fu comunque una presenza preziosa poiché dimostra sia la volontà di provare il nuovo che quella di non spegnere una fiammella appena accesa, ma anzi di trovare nuovo ossigeno per irrobustirla. Infatti il branco trovò in Valentino Tossut il primo validissimo Akela, aiutato da Luciano Strizzolo, Mario Valenti e Orlando Colautti. Analogamente il Riparto poneva la massima cura nel far vivere agli scout i campi di Squadriglia di due o più giorni prima del campo estivo e nella formazione delle squadriglie stesse. Alle tre squadriglie precedenti la soppressione (Leoni, Falchi, Aquile), succedettero Cervi, Pantere, Scoiattoli, Cobra, le Aquile stesse, a cui si aggiunsero poi Elefanti, Tigri, Castori e Falchi. Fin dall’inizio non mancarono al gruppo importanti occasioni di impegno civico – di presenza nel territorio, si direbbe oggi –. L’alluvione del Polesine del ’51 mobilitò il gruppo che in tre punti della città, rizzò tre tende a si mise a disposizione delle autorità per la raccolta dei viveri, medicinali ed indumenti. Due anni dopo, durante il campo San Leopoldo di Pontebba un’altra B.A. eccezionale rimase nel cuore del parroco e degli abitanti del paesino essendosi resi gli scout esperti boscaioli. Ma il gruppo fu veramente completo il 3 maggio del ’51 quando 11 Rover, suddivisi nelle pattuglie dei Gufi e delle Linci, sulla terrazza dell’ala nuova del ricreatorio firmarono la prima “Carta di Clan” alla presenza dell’incaricato regionale di Branca Rover Bruno Franich e del Commissario di Zona Piero Visintini.

In precedenza i Pionieri, scout dai 18 ai 21 anni, svolgevano già qualche attività specifica uniti nella squadriglia delle Volpi, ma non esisteva la terza branca con un suo proprio metodo, così importante per la completezza della formazione attraverso la Strada, la Comunità, il Servizio e così apprezzata in ASCI – ed ora in AGESCI – nel panorama dello scautismo europeo. I primi 11 firmatari – Iginio Barbariol, Pio Barbariol, Renzo Bettella, Orlando Colautti, Renato Pascolat, Paolo Rocco, rover del Monfalcone II aggregato al Monfalcone I, Adriano Scocchi, Luciano Strizzalo, Valentino Tossut, Mario Valenti, Antonio Visintini – erano contemporaneamente Rover ed Aiuto Capi nelle unità per il perenne bisogno di formare futuri Capi. Il Clan “La Quercia” aprì così nuove e complete prospettive agli scout, che usciti dal reparto entravano come novizi tra i rover con una festa e cerimonia particolare che per tradizione avveniva la domenica precedente il 21 novembre, solennità della Madonna della Salute per Monfalcone e mandamento. Il ’54 vede il gruppo impegnato per l’anniversario del decennio: la festa del due e tre ottobre viene pensata insieme al Ceppo AGI ed al Monfalcone II. Per gli associati è un rivivere gli eventi di cui erano stati protagonisti; per genitori, amici, simpatizzanti ed autorità diventa occasione per un’efficace trasmissione del messaggio essenziale dello scautismo attraverso conferenze, proiezioni, mostre e la ricostruzione di un campo scout. In quello stesso anno il reparto aveva partecipato al III Campo Nazionale in Val Fondillo nel Parco Nazionale d’Abruzzo ricevendo dallo scambio di esperienze e dai contatti personali con scout di tutta Italia nuovo entusiasmo e competenza. Questa particolare apertura che è propria dello scautismo parte dall’avventura scout e viene avvertita all’esterno come un certo modo di affrontare la vita – considerare possibile ciò che gli altri giudicano impossibile – portò il Gruppo ad impegnarsi nel territorio per far vivere ad altri ragazzi l’esperienza scout o per dare una mano ai Gruppi in crisi. Non sempre queste iniziative ebbero il risultato sperato come ad esempio a Ronchi dove alla fine degli anni ’50 il Gruppo dovette essere temporaneamente chiuso.
È significativo osservare, ripercorrendo la storia di quegli anni, come lo sviluppo dello scautismo coincida con periodi in cui il Clan è molto attivo; fa completare ai giovani l’itinerario scout, li accompagna nelle scelte di servizio e nelle scelte di vita. È sempre del ’58 la revisione dalla Carta di Clan da parte dei Rover; successivamente l’unità darà vita ad un’Equipe Espressione – i “Quattro Gati” – che si distinguerà in numerosi fuochi di bivacco, in particolare, in quello del ’64, anno del saluto a don Pino che aveva accompagnato il gruppo per un ventennio. Intanto gli esploratori, nel ’62 partecipano al sesto campo Nazionale a Castel del Piano (Grosseto) presso il Monte Amiata; in esso i Rover in servizio hanno modo di sperimentare non solo la fraternità scout, ma anche importanti forme di collaborazione all’organizzazione del campo. È di questi anni inoltre la realizzazione dei “Clan dello Spirito” e delle “Veglie di Pentecoste Regionali” – Cervignano-Aquileia ’64, Cividale-Castelmonte ’65, Opicina-Monte Grisa ’66, Tolmezzo-San Pietro in Carnia ’68… essendo in questo, assieme al “Fuoco di Pentecoste” delle Scolte, dei precursori dell’Incontro di tutti i giovani delle associazioni diocesane, incontro, che oggi ha dimensioni e valore ecclesiale ben più significativi.[…] Nel 1968, fatto sicuramente straordinario per quei tempi, un gruppo formato da Rover dell’ASCI e Scolte dell’AGI Monfalcone I, accompagnati da Luciano Brumat, Maria Zanolla e don Lucio Comellato parteciparono al pellegrinaggio diocesano dell’UNITALSI a Lourdes. Fu una speciale Route di Servizio con un proprio itinerario di fede e spiritualità ed occasioni di incontro eccezionali. La solidità della branca esploratori alla quale Armando Benes aveva dato e dava l’impronta del suo servizio perseverante e competente, allargava senza bisogno di pubblicità la cerchia di chi chiedeva di vivere il “grande gioco scout”.[...]
Le SQUADRIGLIE “LIBERE” dei Cervi e delle Aquile sorte ad Aurisina nel ’58, primo germoglio di uno scautismo solido e ben radicato in parecchi paesini di quel territorio carsico. Infatti da queste squadriglie, delle quali una soltanto vivrà ininterrottamente dal ’58 al ’63, usciranno due nuove vocazioni sacerdotali: Carmelo Giaccone, che entrerà in Seminario nell'autunno ’59, e Cesare Vittori, che entrerà in noviziato salesiano nell’autunno ’62. Se ad Aurisina resterà una sola squadriglia libera, quella dei Cervi, l’espansione del gruppo continuerà con altre Squadriglie Libere formatesi in due villaggi Giuliani dell'altopiano carsico: le Squadriglie Castori di Santa Croce e Lupi di Prosecco guidata da Giorgio Cusma faranno attività legate al Monfalcone I dal ’59 alla Pasqua del ’63 per poi passare al Reparto del Trieste VIII (Parrocchia Cuore Immacolato di Maria) come Squadriglie Libere con sede a Prosecco.
Nel ’70 poi a Borgo San Mauro di Sistiana si costituisce un’altra Squadriglia “libera” del Monfalcone I. È quella delle Aquile che, seguita dal Capo Reparto Gianfranco Altan e con A.E. don Claudio Privileggi, parroco del Borgo, pronuncerà la sua promessa il 6 giugno ’71, alla presenza dell’arcivescovo Pietro Cocolin. Questa attività si concluderà nel ’74 essendoci in quel territorio anche una squadriglia libera del reparto AGI Monfalcone I.

Non c’erano in quegli anni dei criteri di sviluppo formalizzati, eccetto le norme direttive per il placet al censimento di gruppo, e la diffusione dello scautismo si realizzò grazie al buon senso, alla ponderazione e saggezza dei Capi attraverso appunto le squadriglie così dette libere o la suddivisione di unità troppo numerose od ancora l’inserimento di Capi ed A.E. in parrocchie e realtà dove il bisogno formativo era alto. Fu così che grazie a don Pino Deluisa fondatore della parrocchia di San Giuseppe in Largo Isonzo, nonché A.E. storico del gruppo e ad alcuni Capi, già a partire dal ’68, si formerà il nucleo dei lupetti ed esploratori che avvierà il futuro del Monfalcone III. Fu così che nel ’72 il gruppo ebbe ben tre Branchi il Waingunga con Giorgio Crivellotto, L’Orione con Giuseppe Manià e lo Scricciolo in Largo Isonzo con Piergiorgio Perazzi. Ciò che legava i rami ed i germogli di questa pianta che stava crescendo erano le radici: legge, promessa, conoscenza e padronanza del metodo; i Capi sentivano tutta la responsabilità nell’essere fedeli alla Chiesa, agli ideali scout ed ai ragazzi. Il ’74 fu un anno importante e per certi aspetti critico: cadeva il 50° della fondazione, l’ASCI si fondeva con l’AGI dando vita non solo ad una nuova unica associazione scout cattolica, ma ponendo le basi di una attualizzazione dello scautismo e guidismo più aderente ai bisogni dei ragazzi, alla realtà sociale fortemente modificata dagli avvenimenti del ’68 ed alla realtà ecclesiale prospettata dal Concilio Vaticano II. Questo fatto era stato per così dire “preparato” non solo ai vertici, ma anche localmente. Obbedendo all’indirizzo preciso dell’ASCI e dell’AGI, là dove esistevano il gruppo ed il ceppo, i Capi unità e gli A.E: delle due associazioni formarono le prime Comunità Capi (CO.CA.). Lo scopo era esplicito: togliere al Capo la difficoltà di lavorare da solo ed isolato, continuare la crescita come persona ed in particolare come educatore scout, rendere più consapevole ed evidente la responsabilità del gruppo verso i ragazzi, verso la Chiesa, verso la società civile. Già il 5 maggio 1971 i Capo e le Capo del Gruppo e Ceppo Monfalcone I avevano dato vita alla Comunità Capi del Monfalcone I che, all’inizio, non ha avuto vita facile, né è riuscita a fare grandi cose, ma ha posto le basi della futura AGESCI. In quello stesso anno la presenza scout aveva trovato un momento unificante partecipando alla formazione del Consiglio dell’Oratorio San Michele: in esso erano presenti nove attività diverse, ed il Gruppo scout che aveva le sedi da 25 anni presso l’oratorio fu ben contento di collaborare per coordinare tutto ciò che avveniva e si svolgeva in esso.